mercoledì 28 novembre 2012

Pamukkale, il "castello di cotone"


Per vedere Pamukkale, un capolavoro che solo la natura poteva disegnare in maniera così perfetta, dovete recarvi in Turchia e più precisamente nella provincia di Denizli (Anatolia sud-occidentale).

Dichiarato ufficialmente Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1988, Pammukale rappresenta uno degli scenari più straordinari al mondo, dove la natura è riuscita a scolpire nel calcare delle suggestive terrazze marmoree che sembrano essere ricoperte da un sottile e soffice strato di zucchero, neve o - proprio come richiama il nome - candido cotone.

Le sedimentazioni calcaree che nei secoli hanno dato vita a questa incredibile scultura naturale, provengono dai corsi d’acqua (alcuni dei quali caldi) che sgorgano dalle montagne circostanti.
In questo lembo di terra caratterizzato da un clima tipicamente continentale è possibile passeggiare e fare il bagno a 36°C anche in pieno inverno, muniti magari di un paio di calzini di cotone per evitare di scottarsi i piedi a contatto con le calde rocce bianche.

L'antico centro abitato di Hierapolis, costruito sulla sommità del "castello di cotone" si trova a circa 20 km dal sito naturale ed è meta ogni anno di fitti pellegrinaggi di turisti provenienti da tutto il mondo, attirati dalla singolare bellezza di questo angolo di paradiso sperduto tra le vette dei monti turchi.
La vasta area di Pammukale è ricca di fonti termali la cui acqua è satura di ioni, calcio e anidride carbonica. E sono proprio i fiotti dell’acqua sorgiva a creare le particolari "cascate di ghiaccio" che tanto affascinano i visitatori del sito.

Nel tardo ventesimo secolo il delicato ecosistema di Pamukkale stava per essere danneggiato, dato che alcuni hotel furono costruiti sopra al sito, distruggendo parte delle rovine di Hierapolis.
L'acqua calda fu incanalata allo scopo di riempire le piscine artificiali degli alberghi e gli scarichi di queste ultime per anni riversarono le acque reflue direttamente sul sito contribuendo in maniera determinante all'inscurimento delle vasche calcaree.
Fu anche costruita una strada asfaltata in mezzo al sito per permettere ai visitatori di raggiungere la parte alta della formazione in bici, moto o a piedi. Inoltre fu concesso a questi ultimi di lavarsi all'interno delle vasche calcaree utilizzando detergenti di natura industriale aggravando ulteriormente il problema.

A seguito di questi danni, l'UNESCO è intervenuta, predisponendo un piano di recupero nel tentativo di invertire il processo di inscurimento: gli hotel furono demoliti e la strada coperta da piscine artificiali, che sono tuttora accessibili - a differenza del resto - dai turisti a piedi nudi. Una piccola trincea è stata scavata lungo il bordo, al fine di recuperare l'acqua ed evitarne la dispersione. Le acque termali vengono ora incanalate ed erogate in maniera controllata, così da evitare lo sgretolamento dei sedimenti di carbonato di calcio, che donano alle rocce l’inconfondibile candore.
Grazie a questi interventi il luogo sta lentamente riprendendo il suo naturale colore bianco.

giovedì 22 novembre 2012

La teoria di Gandhi applicata all’eco-sostenibilità


La vita e il pensiero di Gandhi sono stati d’ispirazione per molte generazioni di attivisti sociali e ambientalisti. Di grande ispirazione è stato anche lo Swadeshi, il suo programma economico.

Un testo che, a distanza di ormai un secolo, è più che mai attuale; tratta temi significativi, ancora oggi oggetto di discussione: la decrescita felice, la protezione della natura e la scelta vegetariana (Rifkin).

Attraverso le sue citazioni possiamo avere un'idea di quello che pensava Gandhi.

«Al mondo c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti ma non l’avidità di tutti».
L’espansione economica su scala globale mira al profitto individuale e corporativo. Al contrario, l’economia su scala locale promossa da Gandhi è interessata al benessere comunitario, incoraggia l’eco-sostenibilità, il rispetto per risorse naturali ed esseri viventi.

«La differenza tra ciò che facciamo e ciò che siamo capaci di fare sarebbe sufficiente a risolvere la maggior parte dei problemi del mondo».
Ciò vale sia per gli individui sia per le nazioni, le quali oggi hanno il know-how necessario per investire in modelli sostenibili. Invece scelgono di rincorrere un’economia ormai logora, bloccata a dei modelli superati.

Qualcuno chiese a Gandhi: «Che cosa pensa della civiltà occidentale?». Lui rispose: «Se ci fosse, non sarebbe una cattiva idea».
Gandhi non poteva concepire come civile una società in cui i lavoratori lavoravano senza diritti, gli animali erano sottoposti a vivisezione o trattati con crudeltà negli allevamenti e in cui l’attività economica portava inevitabilmente alla devastazione ecologica.

Se potesse vedere il mondo ora, cosa direbbe?!

martedì 6 novembre 2012

Caffè nell'oceano



Secondo uno nuovo studio del National Geographic, le acque dell’Oceano Pacifico, in corrispondenza della zona costiera su cui si affaccia lo stato dell’Oregon, sarebbero interessate da un’anomala forma di inquinamento: la caffeina.

Gli esperti sostengono che i valori sono piuttosto ridotti ma non così bassi da escludere possibili danni all’ambiente o alle specie marine.
Secondo i dati relativi alla concentrazione di caffeina di quelle acque, nelle aree in cui era stato ipotizzato un maggiore inquinamento, le quantità di caffeina rilevate sono risultate pari a 44,7 nanogrammi per litro, mentre in aree costiere considerate a minor rischio, sarebbero state rilevate concentrazioni di caffeina pari a circa 8,5 ng/litro.

Si pensa che le discrepanze tra le varie concentrazioni individuate, possano derivare dai differenti sistemi di depurazione delle acque di scarico.

Nel caso di sistemi più efficienti, le concentrazioni di caffeina sarebbero dunque inferiori. Quella che finora si era pensato fosse solo una leggenda metropolitana statunitense secondo cui gli abitanti dell’Oregon siano tra i maggiori consumatori di caffé al mondo, potrebbe dunque spiegare finalmente quello che gli studiosi avevano da tempo ipotizzato, cioè la possibilità della presenza di sostanze come la caffeina nelle acque oceaniche, ottenendo risultati a volte superiori alle loro aspettative.

Attualmente non c’è nessun rischio per l’uomo, perfino presso la foce di alcuni fiumi dell’Oregon che si gettano nel Pacifico, nonstante qui il livello sia di ben 152.2 ng/l, e non sembra che ci sia corrispondenza tra densità della popolazione e origine dell’inquinamento.

L’impatto di questa inconsueta forma d’inquinamento sull’eco-sistema oceanico dovrà dunque essere approfondito, per comprendere se, ad esempio, possa causare problemi di riproduzione o malformazioni nelle specie acquatiche.

Lo studio riguardante la concentrazione di caffeina nella acque oceaniche statunitensi è stato pubblicato sulle pagine del Marine Pollution Bulletin con il titolo di "Occurrence and concentration of caffeine in Oregon coastal waters".

Fonte: tuttogreen.it