martedì 25 settembre 2012

Tagliatelle con funghi, zucchine e stracchino

Alcuni giorni fa, aprendo il frigo, mi sono ritrovata con un avanzo di tagliatelle ai funghi, zucchine grigliate e uno stracchino aperto. Dato che odio chi spreca il cibo, ho pensato di riutilizzare il tutto per una sorta di "riciclo creativo in cucina".
La mia ricetta deriva dall'esigenza di non sprecare niente, ma il piatto è interessante anche per servire un primo in modo diverso.


Ingredienti:
  • Tagliatelle farro e lenticchie (danno un buon sapore rustico al piatto)
  • Sugo ai funghi
  • Zucchine grigliate
  • Stracchino
Accessori:
  • Coppapasta con diametro di 10 cm
  • Terrina in terracotta con diametro di 12 cm (io ho riutilizzato quella della crème brûlée del Picard)
Procedimento:
  • Cuocete le tagliatelle e conditele con il sugo ai funghi
  • Tagliate le zucchine grigliate a pezzettini della dimensione di un paio di cm e amalgamateli con la pasta
  • Mettete il coppapasta dentro alla terrinetta e oliate tutto per bene
  • Tagliate le tagliatelle (sembra un gioco di parole) e schiacciatele all'interno del coppapasta in modo che si crei uno strato di un paio di cm di pasta sopra a cui metterete lo stracchino
  • Mettete il tutto in forno a 180 °C per circa 10 minuti o finchè lo stracchino non si scioglie (attenzione a non bruciarlo!)
  • Sfilate il coppapasta e guarnite con pezzi di zucchine grigliate.


La ricetta si presta bene a degli adattamenti, come il fatto di sostituire le tagliatelle "rustiche" con quelle normali e preparare un sugo di funghi e zucchine freschi.

Buon appetito!

martedì 18 settembre 2012

Biomasse dal formaggio: succede in Lombardia

Dai rifiuti degli allevamenti e dei caseifici sorgerà un impianto per produrre energia pulita. Entro la metà del 2013 il progetto entrerà in funzione a Borgorforte, nella bassa mantovana, e vedrà la partecipazione della Regione Lombardia.

Dal Pirellone arriveranno 3 milioni di euro, destinati per un’infrastruttura dall’ottimo potenziale: si stima una produzione di energia elettrica pari a circa 7 milioni e 800mila kWh all’anno, da immettere nella rete di trasmissione nazionale. I liquami zootecnici arriveranno da circa 15 aziende del territorio, e saranno trasporti su gomma, ma anche attraverso tubature interrate.

Entusuasta il commento di Marcello Raimondi, assessore regionale all’Ambiente, Energia e Reti: “Un progetto all’avanguardia, che coinvolge una delle zone agricole più produttive della Lombardia, una delle poche aree dove vengono prodotti sia il Parmigiano Reggiano sia il Grana Padano, eccellenze di un territorio che abbiamo il dovere e l’orgoglio di sostenere, anche a fronte del terremoto, di cui è stato vittima pochi mesi fa”.

Sostenere e risollevare un’area colpita dagli eventi sismici, garantire risparmi economici, nel contempo risolvere i problemidi smaltimento del comparto zootecnico.

Sono questi gli obiettivi della centrale, che sfrutterà fonti rinnovabili per produrre energia, nel contempo abbattendo del 90% le emissioni di azoto nell’aria. Decisamente una buona prospettiva.


Fonte: Tuttogreen

giovedì 13 settembre 2012

2050, tutti vegetariani per il bene dell'umanità!

Entro quarant'anni diventeremo tutti vegetariani. Non per scelta, bensì per necessità: altrimenti non ci sarà abbastanza cibo per sfamare la crescente popolazione terrestre. Frutta e verdura anziché bistecche e prosciutti. Ecco la dieta dei nostri figli o nipoti, se vorremo nutrire l’intero pianeta.

La profezia viene da un rapporto di illustri scienziati. Ma il loro è un augurio, un’esortazione, più che un pronostico: gli esseri umani vi daranno ascolto? Oppure nel 2050 scoppieranno le guerre del mangiare, o meglio dell’acqua, senza la quale non ci sarebbe praticamente nulla di commestibile da mettere in tavola? Le riserve globali di cibo diminuiscono costantemente, afferma il rapporto del professor Malik Falkenmark e dei suoi colleghi dello Stockholm International Water Institute, mentre la popolazione mondiale non fa che aumentare.

Se l’umanità continua a cibarsi ai ritmi attuali, e soprattutto seguendo la dieta odierna, entro il 2050 ci aspettano catastrofiche carenze alimentari. E per catastrofe si intende qualcosa di molto peggio della tutt’altro che rosea realtà attuale: già oggi, secondo cifre dell’Onu, 900 milioni di persone vanno a letto affamate tutte le sere e 2 miliardi sono da considerare malnutrite.

Ma nei prossimi quattro decenni la terra passerà da 7 miliardi di umani a 9 miliardi, un aumento netto di 2 miliardi che renderà ancora più drammatica la carenza di cibo. E allora che fare? La risposta degli studiosi di Stoccolma, il cui rapporto è stato anticipato ieri dal quotidiano Guardian di Londra, è netta: il mondo deve cambiare dieta. Dobbiamo diventare tutti vegetariani, o quasi.

Attualmente ricaviamo il 20 per cento delle proteine necessarie al nostro fabbisogno da prodotti derivati dagli animali, che si tratti di carne o latticini; ma questa percentuale dovrà scendere al 5 per cento o forse anche a meno entro il 2050, se vorremo evitare carestie e conflitti causati dalla scarsità di cibo. Il problema di partenza è l’acqua. Già oggi scarseggia e in molte regioni è un bene più prezioso del petrolio per la sopravvivenza della nostra specie, ma fra quarant’anni non basterà sicuramente per produrre gli alimenti necessari a 9 miliardi di terrestri.

Il cibo ricavato da animali, infatti, consuma da cinque a dieci volte più acqua di quella che serve a una alimentazione vegetariana. Cambiare dieta permetterebbe dunque di consumare meno acqua per l’agricoltura, e non solo: oggi un terzo delle terre arabili del pianeta sono destinate alla crescita di sementi e raccolti destinati a sfamare gli animali da allevamento. Se mangiassimo meno animali, risparmieremmo acqua e avremmo a disposizione più terra per altri usi agricoli. Il rapporto dello Stockholm Institute viene reso pubblico alla vigilia dell’annuale Conferenza mondiale sull’acqua, che si apre questa settimana a Stoccolma alla presenza di 2500 politici, rappresentanti dell’Onu, ong e ricercatori provenienti da centoventi paesi.

Al convegno verranno dibattute anche altre opzioni, come l’eliminazione degli sprechi alimentari, migliori scambi tra paesi con surplus di cibo e paesi in deficit, investimenti in pompe idrauliche e semplici tecnologie acquifere per l’Africa sub-Sahariana e l’Asia. Ma la proposta più radicale e rivoluzionaria sarebbe al tempo stesso la più semplice: diventare tutti vegetariani. Rinunciare alle bistecche, per avere abbastanza frutta e verdura per tutti.

Fonte: Repubblica.it

martedì 11 settembre 2012

Un oceano di pastica

Eccomi qui dopo le vacanze a riprendere il blog da dove l'avevo lasciato... Oggi parleremo di rifiuti, una delle piaghe della nostra epoca!

Una brutta notizia per chi non lo sapesse: la più grande discarica del mondo è ospitata nelle sue acque degli oceani. «Un’area enorme, una gigantesca zuppa di plastica», commenta Marcus Eriksen dell’Algalita Marine Research Foundation, che sta studiando questa incredibile ammasso di rifiuti. Attualmente il gioco delle correnti oceaniche ha formato, due vortici che racchiudono altrettante discariche, tra loro collegate, formate complessivamente da 100 milioni di tonnellate di plastica. La prima si trova 500 miglie nautiche al largo delle coste californiane e circonda, con il suo micidiale girotondo, le Hawaii. La seconda interessa invece la parte orientale del Pacifico e lambisce le coste giapponesi. «La Grande Massa di Rifiuti del Pacifico — spiega Charles Moore oceanografo e scopritore nel 1997 di questo gigantesco ammasso di spazzatura — sta espandendosi ad un ritmo costante. Si è formata addirittura negli anni ‘50 ed è continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l’80% direttamente dalla terraferma».

Moore si trova attualmente a bordo di Arguita, un catamarano di 15 metri di lunghezza, impegnato in una campagna invernale di studi della Grande Massa di Rifiuti. Partiti il 22 gennaio da Hilo, nelle Hawaii, i biologi stanno raccogliendo campioni di plastica per capire la degradazione di alcune nuove plastiche e analizzare la densità della massa di rifiuti. Durante i mesi invernali, infatti, le correnti tendono a raggruppare la spazzatura, che raggiunge la sua massima concentrazione in primavera; in seguito il gioco delle correnti estive disperderà, in parte, i detriti galleggianti.

Precedenti studi di Moore hanno dimostrato che la concentrazione della plastica nella Grande Massa di Rifiuti è di oltre 3 milioni di frammenti per chilometro quadrato. Questi, formati principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre di polimeri, si estendono dalla superficie, sino a circa 10 metri di profondità; qui la loro concentrazione è poco meno della metà di quella in superficie. «La scia di spazzatura è traslucida, aggiunge l’oceanografo, e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L’unico modo per studiarla è direttamente da un’imbarcazione. Questa enorme massa di rifiuti potrebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni, se non si adottano comportamenti più responsabili sia da parte dei consumatori, nell’utilizzo degli oggetti di plastica, che da parte di chi disperde in mare la spazzatura».
«Ho rinvenuto nelle stomaco di uccelli marini accendini, spazzolini da denti, siringhe — sottolinea Marcus Eriksen. Questa enorme massa flottante di rifiuti rappresenta però un pericolo non solo per pesci, volatili, tartarughe e mammiferi marini, ma anche per la vita dell’uomo. La plastica si degrada molto lentamente e frammenti e detriti agiscono come spugne che assorbono composti chimici micidiali per la nostra salute e per quella degli animali, come DDT e policlorobifenili. Ingeriti dagli organismi marini, entrano nella catena alimentare e da qui raggiungono l’uomo».

Secondo l’UNEP, il programma ambiente delle Nazioni Unite, ogni anno, nei mari e negli oceani della Terra, i frammenti di plastica causano la morte di più di un milione di uccelli e di più di 100.000 mammiferi. La plastica costituisce il 90% di tutta la spazzatura che galleggia sulle superfici marine; secondo l’UNEP ogni miglio quadrato di oceano (corrispondente a 2,59 chilometri quadrati), contiene 46.000 pezzi di plastica galleggiante.